Amici insoliti
Il vademecum per gli appassionati di creature insolite
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Nymphicus hollandicus
la Calopsitta

Se siete su questa pagina per ottenere informazioni sull'imbecco a mano delle Calopsitte trovate le informazioni QUI, tuttavia vi consiglio di leggere prima questa parte di articolo. Maschio di Calopsitta con colorazione ancestrale

Storia e classificazione

Incluso solo di recente nella famiglia dei Cacatuidae con la sottofamiglia Nymphicinae, la calopsitta è il più piccolo tra tutti i cacatua. Con i suoi cugini più grandi condivide il caratteristico ciuffo erettile, il capo pigmentato vivacemente ed il colore giallo del piumino dei nidiacei.

La prima menzione documentata di questa specie si trova nei diari del capitano britannico James Cook, in occasione del suo viaggio in Australia (1770). Con le seguenti esplorazioni all'interno dell'Australia (1800) vennero catturati ed importati i primi esemplari in Europa. Alcuni facoltosi tedeschi e lo zoo di Londra si impegnarono nella sua riproduzione, evitandone la rapida estinzione in cattività (passare dal caldo australiano al freddo del nord Europa non fu uno scherzo per questi piccoli pappagalli!).
Nel 1894 l'Australia bandì ogni esportazione ed importazione di fauna selvatica, quindi si suppone che le calopsitte allevate derivino in maggioranza da quelle prime importazioni... salvo qualche introduzione più recente da parte degli allevatori australiani.

La classificazione delle calopsitte è stata molto controversa, a lungo non fu chiaro se questo piccolo pappagallo dovesse essere attribuito ai cacatua o ai parrocchetti, saltando sistematicamente dalla famiglia Cacatuidae ai Psittacidae e viceversa. Solo i recenti studi genetici hanno dato il verdetto finale legandoli inscindibilmente ai loro parenti "col ciuffo".

Anche il loro nome è mutato frequentemente:
1788 – Psittacus novaehollandiae (Gmelin)
1792 – Psittacus hollandicus (Kerr)
1832 – Wagler suggerisce l'introduzione del genere Nymphicus
1833 – Leptolophus auricomis (Swainson)
1835 – Calopsitta guy (Lesson)
1882 - Calopsittacus novaehollandiae (Salvin)

Come vedete il nome calopsitta (con due "t" e singolare) deriva da una descrizione più recente di quella di Wagler, tuttavia caduta in disuso. Se dovessimo tradurre letteralmente il suo nome, Nymphicus hollandicus suonerebbe come ninfetto australiano, infatti l'Australia era detta Nuova Olanda (così come la sua vicina isola era, ed è rimasta, la Nuova Zelanda).

La fama di questi pappagalli aumentò esponenzialmente con l'insorgere delle mutazioni spontanee della colorazione.
1951 – Pied = pezzato (San Diego)
1958 – Lutino = amelanico o "ino" (Florida)
1967 - Silver recessivo = argento (Europa)
1967 – Pearl = perlato (Germania)
1968 – Cinnamon = cannella (Belgio)
1971 – Fallow = bruno-rossiccio (Florida)
1976 – Whiteface = faccia bianca (Olanda)
1979 – Silver dominante = argento (UK)
Tra gli anni 80 fino al 2001 sono poi comparsi gli Oliva, Platino, Guancia-gialla, Faccia-pastello, Diluito, Soffuso, Faccia-gialla ed altri ancora.

Nonostante le numerose colorazioni, dato che i colori di base sono solo il grigio/bruno della melanina ed il giallo/arancione della psittacina, tra questi mutanti non troviamo mai le colorazioni azzurre proprie di molti parrocchetti.

Coppia di calopsitte in voliera all'aperto

Vita in libertà

Nymphicus hollandicus è presente in tutta l'Australia, fatta eccezione per la costa della Tasmania. Si tratta di una specie che colonizza le zone aride interne, per lo più savane e deserti con scarsa copertura arborea (e questo spiega il loro colore grigio).
A seconda della stagione li si può rinvenire a coppie, in gruppi di decine di individui, o in stormi di migliaia di esemplari, quando compiono spostamenti di svariate decine di chilometri per raggiungere i bacini idrici nei periodi più secchi. Sono considerati i più veloci volatori d'Australia, potendo raggiungere i 70 km/h. Ogni giorno sono abituati a coprire grosse distanze alla ricerca di cibo ed acqua.

La calopsitta selvatica è leggermente più piccola di quelle d'allevamento, più slanciata e con un ciuffo meno lungo e folto. Si nutre di semi e bacche, ricercandoli tipicamente a terra. Non ha specie competitrici fatta eccezione per lo storno, che ne attacca i nidi per utilizzarli a sua volta. Predatori occasionali sono i rapaci ed i gatti domestici.
A causa della loro abbondanza le calopsitte possono danneggiare i raccolti ed erano cacciati dai contadini. Dal 2006 sono protette in tutta l'Australia, fatta eccezione per l'area nord orientale del Queensland.

La stagione riproduttiva varia, per questa specie, a seconda dell'area colonizzata. Al sud avviene tra agosto e dicembre, a nord intorno ad aprile dopo la stagione delle piogge, nelle zone più interne avviene ogni volta che le condizioni diventano favorevoli. Allora le singole coppie, o piccole colonie, si spostano alla ricerca di un luogo di nidificazione (preferenzialmente un albero cavo, ma sanno adattarsi). E' il maschio ad identificare il potenziale nido e comincia a lavorarlo col becco per allargarne il foro d'ingresso e imbottirne il fondo di trucioli, poi corteggerà una femmina o permetterà alla consorte di partecipare alle rifiniture. Questo intenso lavorio intorno al nido è ancora ben evidente nei nostri esemplari di cattività, anche se forniamo loro un nido praticamente perfetto loro vorranno sempre metterci il becco ;-)
Per il resto la riproduzione segue le fasi ancora osservabili in cattività, di cui parleremo dopo.

Una curiosità. La vista della calopsitta è molto più sviluppata di quella umana: con altri parrocchetti condivide la capacità di vedere anche nell'ultravioletto, inoltre sono in grado di notare movimenti di 1/200 di secondo, mentre noi arriviamo a 1/20.

La gabbia per le calopsitte deve essere spaziosa

La gabbia

La calopsitta (Nymphicus hollandicus), insieme al pappagallino ondulato (Melopsittacus undulatus), all'inseparabile dalla faccia rosa (Agapornis roseicollis) e al parrocchetto dal collare orientale (Psittacula krameri), è una delle quattro specie di pappagallo che non è soggetto a CITES nè ad inanellamento, il che è un bel vantaggio.
Un esemplare adulto di calopsitta raggiunge tipicamente circa i 32cm di lunghezza (di cui circa la metà è coda) con un peso di 100gr, non si tratta quindi di un pappagallo ingombrante. Tuttavia, leggendo le note sulla sua vita in natura, avrete capito che quelle lunghe ali che si porta piegate sulla schiena sono fatte per volare! Quindi, anche se mostra un grande adattamento alla cattività, dovreste cercare di fornirgli quanto più spazio possibile. Consiglierei una voliera di 2x1x2m (lu la alt) per una coppia. Se poi potete permettervi una voliera all'aperto li farete arci-felici e potranno soggiornarvi tutto l'anno (fornendo opportune schermature invernali), formando un piccolo stormo come usano in natura

La stragrande maggioranza di chi le alleva nella propria casa, purtroppo, non può permettersi simili spazi, me compreso. La mia coppia si è dovuta accontentare di una volieretta di 80x70x90 cm, sufficiente a far loro sgranchie le ali senza spiccare un vero volo. Gli esemplari addomesticati potranno inoltre girare liberi per casa (con le dovute precauzioni) avendo così la loro "ora d'aria"... alle volte vi convinceranno a lasciarli liberi sempre, proprio come si fa con cani e gatti, ma guai a lasciare le finestre aperte. Conosco vari appassionati che, fidandosi troppo della loro calopsitta, l'hanno persa così!

La gabbia potrà avere le tipiche sbarre distanti 8-10mm, ovvero essere una vera gabbia per pappagalli con distanze tra sbarre fino a 1,8cm, ma non superiore per evitare che ci infilino la testa. Piuttosto che posatoi in plastica consiglio di usare rami naturali messi leggermente inclinati, che con i loro diametri variabili e superficie irregolare aiutano le zampette a rimanere ben allenate e con unghie della giusta lunghezza. Non eccedete nel numero per lasciare spazio al volo.
Siccome le calopsitte coprono le brevi distanze non volando, ma muovendosi lungo le sbarre usando becco e zampe, alla lunga tendono a rovinare le penne timoniere della coda. Questo può essere evitato se si collegano tra loro i posatoi con rami lunghi e dritti, posti a circa 10cm dai bordi della gabbia: verranno in breve adottati come percorsi preferenziali, anche se fossero inclinati di 45° per raggiungere le parti più alte.

Una cosa di cui non sento solitamente parlare, ma che ho notato molto gradita alle calopsitte, è la presenza di un rifugio per la notte. Se non lo metterete, vedrete i vostri pappagallini dormire nel punto più alto della gabbia, solitamente in un angolo, attaccati alle sbarre presso qualsiasi cosa che possa ricordare loro un rifugio solido (es. contro il muro di casa). Il rifugio non è un nido, ma semplicemente due pezzetti di trave di legno incollati a formare un piccolo tetto e lasciati appesi nella gabbia sopra un posatoio, oppure potrete dedicare un angolo della gabbia schermandolo con legno o cartone sopra e di lato.
Vedrete che questi piccoli rifugi saranno scelti sistematicamente per la notte. Poichè le calopsitte si mostrano molto gelose del loro "letto" sarà meglio fornirne uno per esemplare così da evitare litigi. Per le pennichelle diurne dormiranno invece sui normali posatoi.

Le calopsitte sono uccelli legati a zone aride che si nutrono fondamentalmente di cibi secchi, di conseguenza emettono piccole feci molto secche, e praticamente inodori. Questo permette di pulire la loro gabbia su base settimanale. Poichè amano becchettare sul fondo potrete usare semplici giornali messi in molti strati (si divertiranno a farli a pezzi), oppure sabbia apposita tipo grit (fatta di gusci d'ostrica sminuzzati) che fornirà anche un supplemento di calcio. Va da sè che non sono adatte quelle gabbie che hanno della rete/sbarre che impediscono l'accesso diretto al fondo: in questi casi le calopsitte limiteranno o elimineranno del tutto la loro attività sul fondo... ma sarebbe snaturare il loro istinto.

Anche le calopsitte selvatiche allevate in coppia possono essere abituate a prendere il cibo dalle vostre mani

Alimentazione

La base alimentare della dieta del Nymphicus hollandicus, in natura come in cattività, sono i semi, mentre altri alimenti vengono consumati in piccole quantità e saltuariamente. In seguito a ripetuti tentativi, osservazione dei gusti dei miei esemplari, e consultazioni con altri appassionati, credo di poter affermare senza smentita che molte miscele "specifiche" vendute per calopsitte e inseparabili sono poco adatte e ancor meno gradite. Potete constatare da soli questa affermazione verificando quali semi vengono effettivamente consumati nella miscela che fornite ai vostri pappagalli.

A dispetto del loro becco infatti le calopsitte mangiano sistematicamente per primi i semi di piccolo calibro, preferendo miglio, panico e scagliola, e solo una volta finiti questi cominciano a beccare "per disperazione" gli altri. Inoltre l'eccessiva presenza di semi di girasole e arachidi, molto grassi, rappresenta un vero attentato al loro fegato. Il cosiddetto girasole bianco presente in molte miscele poi risulta una vera truffa: si tratta di semi acerbi che nessun volatile accetterà mai, risultando peraltro non sbucciabili nè dai loro becchi, nè dalle nostre mani.

Dopo svariati tentativi ho infine trovato la soluzione migliore: come base la miscela "Coppa" per pappagallini ondulati, mentre semi di girasole ed arachidi (comprati separatamente e solo di prima scelta) li ho tenuti come "caramelle" per addomesticare i nuovi arrivati ed abituarli a prendere il cibo dalla mie mani. Solo nel periodo riproduttivo si lasceranno a disposizione anche questi semi in un'apposita mangiatoia. Poichè i semi vengono sbucciati e le loro scorze accumulano nelle mangiatoie, una volta al giorno dovrete soffiarle via ed aggiungere nuovi semi a quelli avanzati. Osservando i semi non ingeriti potrete anche migliorare la loro dieta, eliminando il tipo di seme non consumato ed arricchendola con quelli più appetiti.

A integrazione di questa base si potrà somministrare del pane secco, appendendolo con un pezzo di fil di ferro alla gabbia in modo che oscilli: le calopsitte si divertiranno un sacco a polverizzarlo... mangiandone anche qualche briciola. Con la stessa tattica del fil di ferro potrete dare loro delle bucce di mela (sì proprio le bucce), anche queste verranno fatte a pezzi e parzialmente consumate dalla parte della polpa. Tra le tante verdure somministrate i miei hanno gradito solo il tarassaco e le foglie di cavolo... ma queste ultime fanno produrre feci più morbide e "odorose", quindi vanno date saltuariamente. Un frutto davvero gradito è il dattero, ma anche questo va dato con parsimonia perchè molto calorico.
A completamento della dieta, specialmente se non usate il grit sul fondo della gabbia, dovrete lasciare sempre a disposizione l'osso di seppia, che viene utilizzato anche come gioco e comunque viene consumato a chili dalla femmina quando si prepara a deporre. Della ricetta per il pastone all'uovo vi parlerò dopo.

Evitate le stranezze: devo mettervi in guardia contro la dieta a "minestra di cereali e legumi" che gira su alcuni forum e siti. Partendo dal presupposto (falso) che tutte le miscele di semi sono una schifezza fatta di vecchi semi ammuffiti, viene proposta come dieta base delle calopsitte una vera "minestra" di legumi e cereali per uso umano fatti lessare. Non ho idea di chi abbia ideato una simile dieta, ma potete capire da soli che non è affatto naturale. Per inciso una mia conoscente, che era determinata ad usarla ritenendola la scelta migliore, si è vista morire in successione ben tre calopsitte nel giro di pochi mesi, prima di convincersi a passare ai semi (inutile dire che con i semi non ha più avuto decessi).
Quindi sconsiglio fortemente di seguire questa opzione. Se poi avete dei dubbi sulla freschezza dei semi che comprate non avete che da provare a seminarli: se sono freschi in circa una settimana produrranno un bel tappetino di germogli teneri. Questi possono tra l'altro essere somministrati alle calopsitte come fonte supplementare di vitamine... ma sciacquate bene via la terra!

Diffidenza per le novità: in natura le calopsitte vivono in zone ricche di piante tossiche o francamente velenose, per cui hanno mantenuto una forte diffidenza ad inserire nella dieta alimenti sconosciuti. Ogni volta che volete provare un nuovo alimento questo verrà inizialmente evitato, poi diverrà un gioco ma non sarà ingerito, ed infine cominceranno a mangiarlo. Questa diffidenza sparisce se un esemplare della gabbia conosce già l'alimento e lo mangia subito, allora tutti per imitazione mangeranno subito.
E' bene tener conto di questo comportamento in due fasi importanti della loro vita: 1) se preparate la vostra coppia alla prima deposizione dovrete fornire loro il pastoncino all'uovo con largo anticipo, perchè imparino a nutrirsene; 2) se avete adottato degli esemplari giovani dovete dare loro il tempo di sperimentare i nuovi cibi prima di stabilire cosa è gradito e cosa no. Se poi avete esemplari allevati a mano dovrete far loro da maestri picchiettando con le dita o giocando col loro cibo, impareranno da voi a riconoscere i cibi nuovi!

Acqua

Da bravi abitanti di zone semi-desertiche le calopsitte hanno un ridotto fabbisogno idrico: vedrete i loro beverini con livelli quasi immutati giorno dopo giorno (ad eccezione del periodo riproduttivo). Questa non è una buona ragione per non cambiare la loro acqua in attesa che finisca. Quindi la rinnoverete ogni circa 3 giorni, lavando bene il beverino soprattutto internamente e nel "beccuccio" da cui attingono. Noterete infatti che con tempi più lunghi il beverino al tatto apparirà internamente scivoloso, segno di colonizzazione batterica. Per inciso le calopsitte non sembrano risentire di acque vecchie anche una settimana e più, ma non mi pare utile far loro bere un infuso batterico dimenticando i loro beverini, magari pure sporchi di avanzi di cibo.

Il bagnetto... o meglio la doccia: le calopsitte in natura amano fare la doccia in occasione delle piogge, mentre hanno scarsa attitudine a fare il bagno. Se quindi non tenete la gabbia delle vostre calopsitte su un pavimento a parquet, o un mobile in stile, potete abituarle a farsi la doccia mentre le "vaporizzate" con una spruzzetta. Le prime volte saranno diffidenti, ma alla fine verranno letteralmente a cercarvi, specialmente d'estate, gonfiando le penne ed aprendo parzialmente le ali per farsi bagnare bene.
Se l'opzione doccia non è praticabile potete provare a fornire la classica vaschetta d'acqua con massimo 2cm di livello: le calopsitte non fanno come altri uccelli, che frullando le ali lanciano schizzi d'acqua nel raggio di un metro o più, ma si limitano ad accovacciarsi brevemente schizzettando poche gocce d'acqua con la testa. Il bagno durerà pochissimo lavando solo petto e viso dei vostri pappagallini, che comunque lo faranno raramente... o si limiteranno a lavarsi il viso nel beverino, se sufficientemente ampio.

Collegandomi al discorso della doccia, vi segnalo che le calopsitte non hanno ghiandole del grasso e non ungono le proprie penne come i passeracei, hanno invece gli "spolverini" come tortore e colombi. Questo significa che intorno alla loro gabbia, se non pulite spesso, vedrete depositare un inspiegabile strato di finissima e leggerissima polvere bianca. Non allarmatevi è solo l'eccesso della loro "polvere lubrificante" per penne. Comunque, con docce frequenti, il fenomeno si autolimita. Tenetene anche conto per eventuali soggetti allergici.

Le cannucce sono un gioco molto gradito. In questa foto vedete un esemplare domestico che vive sulla gabbia dei propri (non riconosciuti) genitori

Giochi

Come tutti i pappagalli le calopsitte sono intelligenti e curiose, amano quindi avere a disposizione dei giochi per passare il tempo ed utilizzare il loro versatile becco. In assenza di questi passatempi, specie i soggetti tenuti in gabbie piccole ed in ambienti chiusi, possono manifestare vere e proprie patologie del comportamento, prima fra tutte la pica: il pappagallo affetto tenderà a spennare sistematicamente sè stesso e/o il suo compagno di gabbia. Una volta che la brutta abitudine è presa difficilmente regredirà spontaneamente, anche fornendo dei giochi adeguati... quindi è meglio prevenire che curare!

I giochi che vi descrivo di seguito li ho sperimentati con successo, ma sbizzarrite la vostra fantasia per inventarne di nuovi, così le vostre calopsitte non si annoieranno mai.
Spighe di panico: questo è il passatempo più naturale e graditissimo, tuttavia le spighe verranno distrutte in breve tempo e solo una piccolissima parte di semi saranno effettivamente mangiati (salvo poi essere beccati sul fondo della gabbia). Per questa ragione le spighe di panico sono un gioco da fornire saltuariamente, perchè di breve durata. Sono spesso usate anche per addomesticare le calopsitte non imbeccate a mano: pur di becchettarle si convinceranno a farlo accettandole direttamente dalle vostre mani.
Le cannucce: sì, proprio quelle da bibita in plastica colorata! Prendetene almeno una decina, tagliatele in due e poi legatele tutte insieme al centro con un filo resistente in modo da ottenere una sorta di "riccio". Le calopsitte amano questo gioco e le beccheranno schiacciandole o aprendole per il lungo col loro agile becco. Quando saranno distrutte a sufficienza cominceranno ad essere ignorate... è quindi giunto il momento di toglierle e non reintrodurle prima di una settimana, così da rinnovare la curiosità dei vostri pappagalli.
Legno e cartone: con lo stesso sistema del fil di ferro descritto per pane secco e mela, potrete appendere al soffitto o ai rami della gabbia dei rettangolini impilati di cartone ondulato o di legno di cassetta da frutta (che è molto tenero). Le calopsitte li tartasseranno fino a che non saranno completamente distrutti. In questo caso non ho mai assistito a fenomeni di abitudine: più ne metterete, più ne distruggeranno! Mettete sempre a disposizione più giochi, perchè le calopsitte potrebbero essere gelose del loro passatempo e litigare con i compagni di gabbia per non farli avvicinare.
Incannucciati e rami con gemme: giunchi, giovani canne tenere e rami con gemme forniranno un gradito passatempo supplementare venendo progressivamente sbucciati, sgretolati, aperti per il lungo e comunque immancabilmente disintegrati da quei becchi instancabili. Molti allevatori raccomandano di non fornire rami potenzialmente tossici (albicocco, pesco, mandorlo), ma con le calopsitte questa raccomandazione ha poco valore. Come detto prima loro non mangeranno questo materiale se non dopo averne messo alla prova la commestibilità: le mie hanno sbocconcellato spesso le gemme dei rami d'albicocco senza avere alcun problema... anzi ho avuto l'impressione che alla fine le mangiassero effettivamente. Saranno davvero tossiche a quei dosaggi? D'altra parte noi ci mangiamo i loro semi (mandorle dolci e amare) che sono sicuramente più ricchi in cianuro dei semplici rami.
Mollette e spaghi colorati: appendendo delle semplici mollette di legno dentro la gabbia, le vedrete prese di mira proprio come le tavolette di legno o cartone, se poi usate una molletta per inserire verdure in foglia o l'osso di seppia nella loro gabbia, faranno al stessa fine. Anche gli spaghi colorati sono graditi come giochi, ma devono essere atossici e non sfilacciarsi troppo, se no le calopsitte rischieranno di restarci attaccate con le unghie. L'ideale sarebbe un pezzo di fune di canapa o cotone di grosso calibro, che i pappagalli si divertiranno a trasformare in un "peluche".

Il canto

Una cosa di cui si tiene poco conto acquistando i primi pappagalli è considerare se si sia poi in grado di sopportare i loro richiami negli anni a venire. La maggior parte dei pappagalli infatti vocalizza spesso, ad alto volume e per lo più emettendo suoni piuttosto striduli. Memore della mia prima esperienza con i pappagallini ondulati, e di come alla fine ero stato esasperato dal loro cicaleccio, nel momento in cui mi sono trovato a dover decidere tra calopsitte ed inseparabili ho chiesto consiglio ad un allevatore, andando direttamente a rendermi conto dei "canti" di queste specie nel suo allevamento. La decisione a favore delle calopsitte è stata quasi immediata! Penso si tratti di una delle poche specie di pappagallo che emette un vero canto e non possiede cicalecci striduli nel suo repertorio (fatta eccezione per il richiamo dei pulli o il canto della paura, davvero rari). Inoltre, rispetto ad altre specie, vocalizza per pochi minuti, prediligendo l'alba e il primo pomeriggio, e lasciandovi in pace il resto della giornata.

Ho registrato i principali versi dei miei esemplari, caricandoli sul canale youtube del sito, così che possiate conoscerli a priori. Il primo è quello sentito più frequentemente, gli altri saranno solo occasionali e legati per lo più alla riproduzione. Trovo davvero notevole il canto del territorio emesso dal maschio (all'alba nella bella stagione): ricorda più quello di un merlo che di un pappagallo! Gli esemplari imbeccati a mano tendono tuttavia a emettere solo il verso tipico e inventare nuovi motivetti per comunicare con noi, piuttosto che usare la lingua della propria specie.

Convivenze

Le calopsitte non sopportano la solitudine: quando si tratta di esemplari imbeccati a mano il loro interesse è decisamente deviato sulla specie umana, quindi sarete voi i diretti responsabili del loro benessere. In questi casi è sempre meglio imbeccare 2 o 3 esemplari simultaneamente, così non perderanno del tutto la capacità di riconoscere la propria specie e suppliranno al proprio bisogno di socialità in vostra assenza. Per tutti gli esemplari cresciuti dai propri genitori, sarebbe doveroso acquistarne almeno due. Se non volete ritrovarvi con la casa piena di calopsitte prenderete esemplari dello stesso sesso (da due in su), in caso contrario acquistate solo un coppia, perchè in fase riproduttiva non tollereranno intrusi nella stessa gabbia (compresi i loro stessi piccoli dopo i 45-60 giorni d'età).
Per inciso vi segnalo che se vorrete allevare un solo esemplare, che non sia stato imbeccato a mano, questo vi farà saltare i nervi emettendo praticamente di continuo il richiamo della propria specie nella speranza -vana- di richiamare qualche calopsitta. I nervi verranno a voi per il rumore, ma sicuramente anche a lui per il terribile stress della solitudine, che in natura significa morte quasi certa... abbiate pietà e dategli un compagno!

Se possedete una vera voliera le calopsitte potranno essere allevate in colonia e si mostreranno di indole assolutamente pacifica con qualsiasi coinquilino, compresi i piccoli diamanti mandarini, con cui convivono peraltro anche in natura. Evitate invece di associare specie più "belligeranti" come gli inseparabili, che avrebbero la meglio in ogni competizione, sia essa per il cibo, i giochi, o il nido.

Coppia in esplorazione diffidente del nido appena inserito

In coppia

Anche se è possibile allevare più esemplari dello stesso sesso insieme, o decidere di crescersi dei piccoli all'imbecco, la vera scelta migliore per le calopsitte -e la maggior parte dei pappagalli- è quella di permettere loro di formare una coppia stabile. Questa infatti è la loro condizione naturale, cui sono spinti da un istinto impellente ed atavico, che neanche la nostra compagnia potrà mai rimpiazzare totalmente. Mi rendo conto che questa scelta impone parecchio impegno aggiuntivo per chi li accudisce, quindi la faccia solo chi se la sente.

Se prevedete di tentare la riproduzione di questa specie, vi consiglio di acquisire un minimo di rudimenti di genetica prima di acquistare i vostri esemplari, così potrete ottenere dai vostri riproduttori delle piccole calopsitte della colorazione desiderata.
Tenete conto che le mutazioni più diffuse di questa specie (lutino, cannella, perlato) sono tutte legate ai cromosomi sessuali e sono dominanti nella femmina (ha un solo cromosoma, quindi sono sempre manifesti) e recessivi nel maschio (ha due cromosomi e sono necessari due alleli perchè il maschio mostri la colorazione voluta, se no risulterà visivamente "selvatico"). In realtà il carattere perlato tende a scomparire, dopo la prima muta, anche nei maschi omozigoti e quelli che lo mantengono spesso risultano sterili. Un altro carattere molto diffuso è il pezzato che mostra il corpo della calopsitta con porzioni da "lutino" e altre con la vera colorazione del soggetto. Questa mutazione però è eterozigote in entrambi i sessi. Sono certo che fin qui vi ho solo confuso, ma ora cercherò di chiarirmi con qualche esempio pratico.

Le figlie femmine prendono il cromosoma sessuale solo dal padre (se prendessero anche quello della madre diverrebbero due cromosomi, quindi nascerebbe necessariamente un maschio). Quindi scegliendo il vostro riproduttore saprete a priori che colore avranno. Un maschio dominante per lutino o perlato o cannella darà figlie femmine solo di questo colore, indipendentemente dalla genetica della sua compagna. Viceversa per avere maschi con queste colorazioni dovrete abbinare un maschio omozigote (= con colorazione evidente) o eterozigote (= colorazione ancestrale ma portatore) ad una femmina della stessa colorazione.
Ad esempio se avete una passione per i cannella potrete semplicemente prendere una coppia con colorazione manifesta, allora tutta la prole sarà cannella, come i genitori. Però potreste anche prendere un maschio portatore di cannella e lutino (es figlio di padre cannella manifesto e di madre lutina) e accoppiarlo con una femmina cannella. Otterrete tutte le figlie femmine o cannella o lutine, e i maschi o cannella o ancestrali, ma portatori di lutino.

Nel caso vi piaccia la colorazione lutina (la mia preferita) è norma non riprodurre mai in omozigosi (mai maschio e femmina lutini) perchè questa mutazione porta con sè la tendenza a formare una vistosa area "pelata" sulla testa, dietro il ciuffo. Accoppiandoli in omozigosi l'area di pelata si estende notevolmente rovinandone l'estetica. Quindi è meglio associare un maschio lutino -con testa meno pelata possibile- ad una femmina di qualsiasi colorazione ben impiumata (ottenendo femmine tutte lutine e maschi ancestrali portatori, il che vi permetterà di sessare facilmente i nascituri). Ovvero optare per un maschio eterozigote per lutino ed una femmina lutina: otterrete il 50% di soggetti lutini, un 25% di maschi portatori e un 25% di femmine con la colorazione che porta il padre (vero ancestrale, o magari perlato se lo avrete scelto tale). Non so se sono riuscito a spiegarmi, comunque se avete dubbi potete scrivermi, o utilizzare il Genetic Calculator (ma dovete conoscere precisamente la genetica della vostra coppia, meglio ancora dei loro genitori). Per i possessori di un iPhone o iPad è possibile scaricare un'app dedicata.

Se a voi la colorazione non importa, dimenticate il precedente paragrafo e acquistate i soggetti che preferite, ma possibilmente giovani, ben impiumati e di stazza robusta. Il dimorfismo sessuale dei soggetti immaturi, che sono i migliori con cui incominciare perchè formeranno una coppia quasi automaticamente, non è purtroppo di immediata identificazione perchè assomigliano tutti a femmine. Se comprate i vostri soggetti da un allevatore, novantanove su 100 sarà lui, con la sua esperienza, a identificarveli. Altrimenti dovrete guardare la faccia inferiore delle loro ali: negli ancestrali le femmine hanno una colorazione a macchie gialle più o meno estese, che segna tutte le remiganti primarie e secondarie, coprendo l'intera ala. Viceversa i maschi hanno queste macchie solo sulle remiganti primarie (la prima metà dell'ala a partire dalle punte).
Il dimorfismo dell'adulto è più evidente: nelle femmine ancestrali, oltre alle macchie anzidette, le timoniere della coda sono zebrate, il corpo ha colorazione grigia più chiara e la faccia grigio cenere, fatta eccezione per le guance arancioni. La colorazione del maschio ancestrale è più scura, con ali e coda quasi nere, la faccia è decisamente gialla e le barrature di remiganti e coda assenti. Ambedue i sessi hanno una grande fascia bianca sul dorso delle ali, più evidente quando volano.
Queste differenze possono non essere così lampanti in presenza delle varie mutazioni, per cui dovrete -ad esempio- avere buon occhio ed un po' di allenamento prima di cogliere le deboli macchiette gialle sullo sfondo bianco delle remiganti di un lutino.

Scelta la vostra coppia trasportatela in un contenitore scuro e coperto per evitare che spaventate sbattano ripetutamente le ali rovinandosi le penne remiganti. Io ho utilizzato più volte con successo (anche per i viaggi delle vacanze estive) un trasportino di quelli per gatti in plastica rigida, aperti solo anteriormente con una porticina in rete. Meglio invece evitare il cartone, a meno che il tragitto sia breve, perchè potrebbero allargare i buchi d'areazione col becco per guadagnarsi la libertà.
Fate trovare loro la gabbia già completamente arredata e lasciateli tranquilli almeno un paio di giorni, perchè si abituino ai rumori ed ai ritmi di casa. Poi potrete cominciare a fare amicizia, ma sempre con pazienza e senza forzarli: un solo movimento brusco può compromettere giorni di paziente allenamento.

Nel caso abbiate deciso di acquistare esemplari adulti sarebbe utile inserire subito nella gabbia il maschio e solo dopo una settimana o più la femmina (potrete tenerla per questo periodo in una gabbia che permetta comunque alla futura coppia di essere in contatto visivo). Con questo piccolo stratagemma la femmina risulterà più disponibile ad accettare il nuovo consorte impostole, specie se aveva in precedenza fatto coppia con un altro esemplare. Di regola le calopsitte accettano infatti senza grossi problemi di formare una coppia "imposta", tuttavia esistono le eccezioni ed è di solito la femmina a non accettare scambi.

Maschio e femmina di Calopsitta in cova

Riproduzione

Se anche non aveste in programma di far riprodurre regolarmente la vostra coppia, vi consiglio -per il loro benessere- di conceder loro almeno una riproduzione ogni primavera. Questo infatti aumenterà l'affiatamento della coppia e la renderà più tranquilla nel resto dell'anno. Non crediate comunque che senza il vostro aiuto non tentino in qualche modo di arrangiarsi!

Il segnale di via per la riproduzione è l'inserimento del nido a cassetta nella gabbia. Solo allora la vostra coppia di fidanzatini convolerà a nozze. Il maschio vi darà comunque avvisaglie sonore non ignorabili dell'avvento della primavera, lanciando all'alba il canto potente di delimitazione del territorio (vedi link segnalati precedentemente).
Una volta fissato il nido alla gabbia sarà il solo maschio ad occuparlo, scacciando ostinatamente la consorte finchè non lo reputerà rifinito a dovere dal suo becco. In seguito anche la femmina darà il suo apporto con le rifiniture d'arredamento (il tocco femminile). Se possibile utilizzate un nido in plastica (lavabile), ovvero uno in cartone spesso e robusto (potete farvelo da soli a costo 0). Quest'ultimo andrà necessariamente fissato all'interno della gabbia per evitare fughe. I classici nidi in legno invece, a causa delle feci abbondanti prodotte dai nidiacei, risulteranno poco pratici perchè difficili da pulire. Tenete conto che in media la covata è di 4-5 piccoli, quindi usate una scatola-nido di dimensioni adeguate (es. 30x25x25cm).

Quando i lavori attorno al nido saranno completati, il maschio si dedicherà a tempo pieno al corteggiamento della femmina. Prima utilizzerà il canto di richiamo a distanza, poi quello ravvicinato, che di solito precede di poco il primo accoppiamento. Queste fasi sono molto evidenti nella coppia di giovani fidanzati, mentre una coppia affiatata salterà i preliminari e, con l'inserimento del nido in gabbia, passerà spesso direttamente alle vie di fatto.
A questo proposito devo ammettere che le calopsitte, quando si accoppiano, possono risultare quasi imbarazzanti. Come potete constatare dal filmato indicato precedentemente (che peraltro ho tagliato per eccessiva lunghezza), la coppia se la spassa spesso, a lungo e sonoramente... altro che canarini e altri passeracei! Capite perchè gli esemplari imbeccati a mano, che fanno "coppia" col proprio padrone, possono apparire frustrati?

Con la serie di accoppiamenti la femmina si preparerà alla deposizione, ma voi dovrete prepararla in anticipo. Come dicevo a proposito del cibo, le calopsitte sono poco propense ad assaggiare cibi sconosciuti, quindi dovrete inserire in gabbia il pastoncino all'uovo ancor prima di inserire il nido.
Esistono molte formulazioni del pastoncino, solitamente fornito "umido" e fresco di preparazione, tuttavia per praticità io mi sono fatto un pastoncino secco che si conserva con più facilità senza rischiare cattivi odori e contaminazioni batteriche, eccovi la formula base (scalabile come quantità):

Il tutto va mescolato molto bene, poi fatto in pezzetti e cotto nel microonde: prima effettuerete un ciclo a piena potenza, poi, appena il pastone risulterà solidificato, lo passerete con tritatutto senza insistere troppo (dovete ottenere granuli di circa 3-4mm di diametro, non polvere). Infine continuerete la cottura a microonde a bassa potenza (funzione defrost) così da asciugare completamente il pastone senza bruciarlo. In alternativa, se avete i caloriferi accesi, potete lasciarlo asciugare completamente sul termosifone.
Questo pastone andrà chiuso in un contenitore ermetico, così si conserverà quasi indefinitamente risultando di pronto utilizzo alla bisogna.

In condizioni normali il pastone viene quasi ignorato dalle calopsitte, che ne consumano pochissimo; tuttavia proprio con gli accoppiamenti la femmina diverrà improvvisamente avida di questo cibo ipercalorico che andrebbe abbinato anche ai semi di girasole, ricchi in metionina. Dopo circa una settimana dal primo accoppiamento, la femmina mostrerà il ventre più tondo e deporrà il primo uovo (il maschio vi segnalerà la gioia dell'evento cantando ripetutamente il verso tipico e andanto a curiosare nel nido), quindi seguiranno deposizioni a giorni alterni. Solitamente la prima covata è piccola (2-3 uova) e non è detto che tutte le uova giungano alla schiusa. Dalla seconda covata in poi, invece, tutto dovrebbe filar liscio con una media di 5 piccoli a covata.
Durante la deposizione la femmina cova da sola, ma può anche assentarsi dal nido per ore o durante la notte. Una volta che tutte le uova saranno deposte, sarà il maschio a darle il cambio per la notte ed in piccoli intervalli durante il giorno. Per tutto il periodo della cova i genitori diverranno molto silenziosi (una misura anti-predatori) e tratterranno le feci per non sporcare il nido (troverete quindi poche grosse deiezioni un po' più odorose, invece delle tipiche micro-cacchine); questo è del tutto normale e non dovete preoccuparvi.

Ricordate di segnarvi la data di deposizione del primo uovo e dell'ultimo, infatti, dopo 18-19 giorni, le uova si schiuderanno nello stesso ordine della deposizione. Sapere la data vi servirà per due importanti ragioni: 1) è utile fornire alla femmina la possibilità di bagnarsi le piume del ventre quando le uova stanno per schiudere (pena l'intrappolamento del pulcino dentro l'uovo). Io per non rischiare davo comunque una piccola spruzzata d'acqua all'interno del nido il giorno della presunta schiusa. 2) Superati i 20 giorni dalla deposizione è probabile che le eventuali uova non schiuse siano morte o non fecondate ed è meglio eliminarle.
Per inciso è facile individuare le uova non fecondate molto prima, perchè risultano di un bianco-giallino molto chiaro, mentre quelle feconde sono opache per la presenza dell'embrione in crescita.

I piccoli

La schiusa di un pappagallino è emozionante: poche ore prima sentirete deboli pigolii provenire dall'interno dell'uovo. I genitori saranno visibilmente eccitati finchè spariranno entrambi nel nido per assistere al grande evento. A voi non resta che attendere pazientemente, infatti è raro che lascino i piccoli soli nei primi giorni dalla nascita e quindi sarà difficile poter sbirciare dentro il nido. Sul canale youtube di amici insoliti potete vedere una breve sequenza di foto sulla crescita delle baby calopsitte dall'uovo alla taglia adulta.

I genitori si occupano sia di riscaldare che di nutrire i piccoli a tutte le ore, notte compresa. Durante i primi 13-15 giorni solitamente utilizzano quasi esclusivamente il pastoncino all'uovo, diluendolo nel gozzo con molta acqua. Questo cibo sostiene un ritmo di crescita impressionante, facendo quadruplicare la taglia dei pulcini in circa una settimana. L'imbecco è particolare, infatti sia il genitore che il pulcino muovono la testa a scatti dall'alto verso il basso ed in piccoletto riesce ad inghiottire il cibo emettendo contemporaneamente un tipico cì-cì-cì al ritmo dei movimenti della testa.
In seguito i genitori privilegeranno il pane secco e i semi d'avena (non chiedetemi perchè, ma questo era l'unico periodo in cui le mie coppie utilizzavano questi semi, non mangiandoli abitualmente). Anche in questa fase il cibo è impastato nel gozzo con molta acqua, che andrà quindi rinnovata giornalmente. Infine, quando i pulli saranno finalmente ben impiumati, i genitori li nutriranno con l'abituale miscela di semi.

Avendo allevato diverse covate di calopsitte in stagioni diverse, ho notato che la temperatura dell'ambiente influenza la velocità di crescita dei piccoli: in estate (temperatura di 26-27°C) i piccoli impiegano 2-3 giorni di meno per raggiungere la taglia dei piccoli cresciuti in bassa stagione (temperatura di 19-21°C). Questo fenomeno è legato al minor utilizzo del cibo per il controllo della temperatura corporea, per i piccoli cresciuti in estate. Tenete conto tuttavia che ad alte temperature si rischia una minor efficienza nella fase di incubazione delle uova. L'ideale si ha quindi con covate deposte mediamente a metà maggio, così da ottenere lo sviluppo dei pulcini nel mese successivo.

Un'altra particolarità che ho osservato con i miei esemplari, ma non ho idea se abbia riscontro con altri allevatori, è la generazione di covate mono-sessuali, ovvero composte unicamente di maschi o di femmine. Questo fenomeno per i miei esemplari è stata una regola senza eccezioni, verificatasi con due coppie per un totale di cinque riproduzioni. Mi piacerebbe sapere se altri abbiano avuto simili esperienze.

Torniamo alla crescita dei piccoli. Questi solitamente lasciano il nido intorno al mese di vita. Nei primi 2-3 giorni vi ritornano, magari per dormire, poi lo abbandonano del tutto. In questa fase è conveniente toglierlo, infatti, in caso contrario, assisterete a nuovi accoppiamenti e la femmina deporrà una nuova covata mentre il maschio finirà di svezzare quella precedente.
Spesso in questa fase, se la gabbia non è abbastanza ampia, la femmina si mostrerà molto aggressiva con la prima covata, spiumandovi i poveri malcapitati! Quindi togliete il nido o prevedete fin dall'inizio l'uso di una volieretta da cova, dotata di separatore (che ho rimpianto non avere!).

I giorni precedenti all'involo i genitori lesinano il cibo ai piccoli, che chiamano come disperati dimagrendo visibilmente. Questo digiuno è tuttavia necessario ad alleggerirli, così che al primo volo non piombino a terra come sassi. Una volta involati saranno nutriti ancora da ambedue i genitori per 7-10 giorni. In seguito sarà prevalentemente il maschio a fornire prima tre, poi due ed infine una sola imbeccata al giorno (curandoli quasi fino al loro secondo mese di vita).
Con questa limitazione alimentare i piccoli cominceranno ad imitare i genitori becchettando tutto ciò che c'è di commestibile nella gabbia, ma all'inizio riusciranno al massimo ad ingerire un po' di pane secco. Fortunatamente non presentano mai problemi a bere. Per facilitarli nell'abituarsi a mangiare i semi, ho notato che quello che riescono a sbucciare con successo per primo è la scagliola, mentre miglio e panico tendono a cadere dal becco, quindi non fategli mancare una mangiatoia dedicata a questo seme, di cui si abbufferanno per qualche settimana.

I piccoli inizialmente non sono abili nell'uso del becco e delle zampe e non si muoveranno mai lungo le sbarre come fanno gli adulti, ma si sposteranno con piccoli voli prendendo bene la mira per riuscire nell'atterraggio. Verso il secondo mese di vita diverranno finalmente autosufficienti e, giocoforza, dovrete trovare loro una nuova casa che li accolga (anche perchè i genitori non li vorranno più nella propria gabbia). Se invece avete una grossa voliera potranno coabitare ancora col resto della colonia... o contribuire a fondarne una.

Quando si va in vacanza

Le calopsitte non sono pappagalli ingordi: memori di millenni d'evoluzione in ambienti semi deserti, conservano una decisa frugalità nel nutrirsi. Solo allevandoli all'aperto d'inverno noterete un incremento sostanziale di consumo del cibo, utilizzato per riscaldarsi. Nella bella stagione vivono invece egregiamente consumando una manciatina scarsa di semi al giorno. Questa frugalità viene in nostro aiuto. Infatti io, nei primi due anni d'allevamento, avevo preso il giro a portarmi dietro la mia coppia creando a loro e alla mia famiglia notevoli ragioni di stress (immaginate una macchina con 6 persone, una coppia di pappagalli, e valige e borsoni infilati dappertutto!). In seguito li ho invece sempre lasciati a casa nel loro gabbione, corredandolo di capienti mangiatoie multiple a tramoggia (che eliminano le scorzette dei semi da sole), abbondante pane secco e 3 beverini da 500ml (usati poco o nulla, ma meglio cautelarsi in caso di avarìa). In questo modo le mie calopsitte erano autonome per 7-10 giorni. In realtà al ritorno ho sempre trovato cibo ed acqua avanzati in abbondanza, ma non me la sono mai sentita di lasciare le mie piccole senza controlli per periodi più lunghi.

Se prevedete trasferte più lunghe è consigliabile portare con voi i vostri pappagalli. I soggetti allevati a mano non hanno solitamente problemi a viaggiare con voi, ma con coppie di adulti "selvatici" è meglio avere qualche precauzione per stressarli il meno possibile e soprattutto non mettere a repentaglio la loro fiducia nei vostri confronti. A questo scopo vi raccomando due cose: primo l'uso già menzionato di un trasportino da gatti in plastica rigida chiuso su tutti i lati fatta eccezione per le sole sbarre anteriori. Queste permetteranno a voi e loro di sbirciare, ma saranno dissuasi dal tentare di prendere il volo, eliminando molti rischi per le loro incolumità. La vera gabbia è meglio portarla a parte, spazio permettendo (se no vale quanto detto ed andrà coperta interamente con della stoffa scura). Va da sè che, comunque, il trasportino/gabbia andrà posizionato in modo da evitare i raggi del sole.
La seconda precauzione, che vi eviterà la loro inimicizia, consiste nell'indossare dei guanti dal colore e/o forma vistosi quando dovete afferrarli per trasferirli dalla gabbia al trasportino e viceversa. Infatti nell'istante stesso in cui afferrate una calopsitta questa emetterà un segnale di pericolo e, sia l'esemplare in questione che qualunque altro che riesca a vedervi, memorizzerà istantaneamente e per sempre come nemico mortale ciò che ha afferrato l'individuo in oggetto. Questo è un fenomeno utilissimo in natura per riconoscere i predatori, ma per la vita in cattività è un guaio, rendendo i nostri pappagalli perennemente innervositi dal movimento delle nostre mani. Con questo trucchetto invece saranno i guanti a finire nella loro black-list, mentre le vostre mani saranno considerate fidate. Per inciso è comunque d'obbligo utilizzare dei guanti, meglio se spessi, date le dolorose beccate che potrebbero infliggervi pur di liberarsi dalla vostra stretta.

Imbeccare a mano?

Eccoci giunti all'argomento che forse avreste voluto leggere per primo. Tuttavia per me la scelta di imbeccare a mano una calopsitta (e molti altri pappagalli) è seria ed andrebbe ben ponderata per i pro ed i contro. Quindi permettetemi di tentare di riassumere qui alcune considerazioni prima di indicarvi come fare e dirvi quanto siano effettivamente domestici questi soggetti.

Rendiamoci innanzitutto ben conto di cosa significhi imbeccare a mano una o più calopsitte:
  1. Separare i piccoli dai propri genitori (rischiando tra l'altro che la coppia sviluppi in seguito comportamenti devianti, come la pica)
  2. Snaturare a vita i soggetti, deviando l'imprinting dalla propria specie a quella umana
  3. Di regola i soggetti imbeccati a mano non formeranno mai una coppia con un'altra calopsitta, anzi i soggetti imbeccati e cresciuti singolarmente per tempi lunghi potrebbero mostrarsi in seguito aggressivi con i conspecifici
  4. I soggetti molto domestici fanno "coppia" col proprio padrone, questa è la ragione della loro profonda devozione nei vostri confronti (sia chiaro però che non vi vogliono bene, nel senso sentimentale del termine, sono solo schiavi del proprio istinto... appositamente snaturato)
  5. Il partner umano non potrà mai appagarli dal punto di vista riproduttivo il che crea frustrazioni ben evidenti, comuni a quelle sviluppate dai soggetti selvatici allevati singolarmente. Alcuni soggetti possono assumere forme di comportamento aggressivo (anche se mai accentuate quanto quelle delle femmine di Amazzone comune)
  6. Le calopsitte vivono in coppia o in stormi: se avete un singolo soggetto imbeccato a mano e siete dei single che lavorano 12 ore al giorno fuori casa li farete soffrire, e molto!
  7. L'aspettativa di vita di una calopsitta è mediamente di 20 anni, con soggetti che hanno raggiunto i 30, va da sè che decidere di allevare un soggetto a mano è un impegno a lungo termine, impegnativo quanto prendersi un cucciolo di cane che tuttavia si può adattare ai vostri ritmi molto più facilmente.
Fatta la parte dell'avvocato del diavolo per rendervi ben consapevoli della vostra decisione -che deve essere a lungo termine- veniamo al dunque.

Imbeccare a mano le calopsitte

In base a quanto riportato nella parte precedente dell'articolo, consiglio di imbeccare sempre almeno due esemplari contemporaneamente e non uno solo. Questo garantirà loro una parziale capacità di riconoscere la propria specie (pur considerandola di serie B), fornirà compagnia in vostra assenza, e darà (raramente) la possibilità ad alcuni esemplari di formare una vera coppia (purchè di sesso opposto), specialmente se avete poco tempo da dedicar loro.
Infatti l'imbecco non forma automaticamente animali domestici, si limita a dare loro l'imprinting sulla specie umana: all'imbecco dovrà seguire un lungo e costante periodo di training che li renderà sempre più domestici ed adatti a vivere con voi anche in perenne libertà. Se, una volta imbeccati, li "dimenticherete" nella loro gabbia, pur risultando soggetti senza paura dell'uomo tenderanno comunque a mostrarsi più indipendenti e meno desiderosi di socializzare con voi... proprio come una coppia di calopsitte "selvatiche" fa parte a sè rispetto al resto degli esemplari del proprio stormo.

Giovane pullo di calopsitta di circa 18 giorni

Cosa vi serve

Pullo di Calopsitta a circa 21 giorni

Quando adottarle?

La teoria sosterrebbe che, cominciando l'imbecco di esemplari che non hanno ancora aperto gli occhi (12-13gg di vita), si otterrebbero calopsitte assai più domestiche (avendo avuto un unico imprinting solo sull'uomo). Questo però non risulta vero in base all'esperienza di molti appassionati. Anzi un imbecco precoce obbliga necessariamente ad un notevole impegno, con tante imbeccate quotidiane da dare a ritmo piuttosto serrato... che stress!

Consiglio quindi di acquisire dei pulli di 15-18 giorni di vita: a quest’età sarà necessario nutrirli ogni 5 ore (per un totale di 4 pasti al giorno), ma in compenso accetteranno l’imbecco “a mano” quasi immediatamente, anche se il primo giorno potrebbero spaventarsi al vostro arrivo e sibilarvi contro. A 18 giorni i pulli hanno già i calami delle penne sviluppati e le alette, gola e punta della coda impiumate, sono inoltre abbastanza grassottelli da superare lo stress del cambio dei genitori ed eventuali sbalzi di temperatura... non ultimo sono meno sensibili alla vostra eventuale imperizia nel far pratica di imbecco.
Oltre i 18 giorni, ci metteranno progressivamente di più ad accettarvi come genitori adottivi e quindi ad adattarsi all’imbecco con la siringa. In genere non si aspetta oltre i 21 giorni, anche se è esperienza possibile svezzare con successo pulli di 23-25 giorni, ottenendo esemplari domestici. Resta il fatto che ogni calopsitta ha il suo carattere e si troveranno soggetti più o meno domestici e socievoli indipendentemente dall’età dell'inizio d'imbecco.

A questo proposito vi posso riportare un'esperienza personale: dovendo trovar casa ad una covata di 5 calopsitte (tutte maschi!) ho trovato per loro una sistemazione quasi contemporanea. Sono stati quindi imbeccati a mano pulli che avevano rispettivamente 15, 17, 19, 21 e 23 giorni. Il più grande non si è mai davvero fatto imbeccare, accettando di tanto in tanto un po' di cibo per fame, eppure allo svezzamento è risultato completamente domestico. Tutti gli altri pulli hanno accettato l'imbecco entro le 24h dall'allontanamento dai genitori, eppure dei piccoli di 17 e 19 giorni (presi dallo stesso proprietario) solo uno è divenuto domestico, mentre l'altro si è sempre mostrato indipendente. Quindi su 5 piccoli solo uno e di età intermedia è rimasto poco domestico.

Come e quanto imbeccare

Ho spesso letto articoli quasi terroristici su quanto sia difficile e pericoloso per i pulli essere imbeccati da una persona senza esperienza. Magari sarò una voce fuori dal coro, ma ritengo che qualsiasi persona adulta, avendo un minimo di informazioni su come fare, possa imbeccare una calopsitta senza farle correre alcun rischio. Le numerose persone che hanno adottato i pulli delle mie covate erano alla prima esperienza ed hanno tirato su le proprie calopsitte senza alcun problema. Quindi basta non aver paura di provarci!

Eccovi quindi le istruzioni (sempre passibili di miglioramento, ma sicuramente sufficienti).
Il pastoncino deve avere la consistenza di uno yogurt. Si prepara ponendo 10 ml di acqua molto calda (per pullo) in un barattolino ed aggiungendo la dose necessaria di pastone in polvere, si mescola bene fino ad ottenere il completo scioglimento e si aspira con la siringa. Se la siringa stenta ad aspirarlo significa che è troppo solido ed è necessario aggiungere un po’ d’acqua. Lo si deve somministrare a 30-37°C, perché i pulli sono abituati ad essere imbeccati dal rigurgito dei genitori e il cibo freddo provocherebbe arresti di digestione. Ribadisco che è molto utile garantire loro una scatola-nido calda, perché questo permette loro di utilizzare tutte le calorie ingerite per crescere e non per termoregolarsi.

  1. Preparare il pastoncino in volume sufficiente in base alle bocche da sfamare: se avanza lo si potrà usare entro il pasto successivo.
  2. Prendere il pullo e porselo di fronte su un tavolo (posandolo sopra un giornale così non sporcherà con le eventuali deiezioni), la calopsitta deve avere il viso rivolto verso di noi.
  3. Aspirare con la siringa il volume desiderato di cibo caldo (le prime volte è meglio cominciare con poco).
  4. Forzare molto delicatamente il becco dal lato sinistro (il suo) usando la punta di plastica della siringa così da farla entrare in bocca (vi verrà naturale, se non siete mancini). Di solito i pulli di 15gg aprono la bocca quasi spontaneamente appena sentono il gusto del cibo, quelli di 18 imparano entro 1-2 pasti, oltre i 22 giorni è probabile che ci metteranno di più (ma tenete conto che a quell'età bastano 3 pasti al giorno).
    NOTA: è importante che siano imbeccati dal lato sinistro, perché anatomicamente favorisce l’ingestione del cibo. Il becco dei piccoli è morbido e capace di movimenti come le labbra, state attenti a non far loro del male con movimenti troppo decisi.
  5. Emettere alcune gocce di cibo dalla siringa e controllare se il piccolo le inghiotte. Continuare così fermandosi di tanto in tanto per pulirgli i lati della faccina, che tenderà a sporcarsi col cibo eventualmente uscito dalla bocca. Smettere di nutrirlo solo quando il gozzo appare bello tondo, o il pullo mostra chiaramente di non volerne più (becco serrato e scuoterà rapidamente la testa di lato). Nei primi pasti ci vorrà pazienza perché sarà lento ad inghiottire ed un po’ spaventato dalla nuova procedura.
  6. Appena il pullo vi accetterà come genitore, le cose si semplificheranno enormemente: emetterà un tipico verso stridulo e continuativo per chiamarvi, dondolando la testa su e giù, aprirà il becco volontariamente e nutrendosi emetterà un tipico cì-cì-cì-cì muovendo ritmicamente la testa verso il basso (è così che li imbocca il genitore naturale). In questa fase sarete costretti a tenergli la testina ferma con la mano sinistra se no con la siringa non riuscirete a stargli dietro. Mangerà regolarmente e in abbondanza senza problemi fino al 22-23° giorno. Solo se notaste che è inappetente ed il gozzo tra un pasto e l’altro non si svuota, dategli al posto del pasto successivo un po’ di camomilla tiepida.
  7. Dai 22-24 giorni il pappagallino è sempre più svogliato nel mangiare (si passa a 3 pasti/giorno dati ogni 6-7 ore) invece si fa più attivo e vivace, fa frullare spesso le ali e comincia a voler curiosare fuori dalla scatola. Approfittate del tempo dei pasti prendendovi 20-30 minuti per socializzare, facendogli carezze e grattini intorno al collo e sulla testa (come farebbero i genitori per pulirgli le penne) e dandogli -di tanto in tanto- un paio di ml di cibo. In questo modo farà comunque i suoi pasti anche se il volume di cibo non sarà elevato. Non dovete allarmarvi perché questo è il momento in cui il pullo perde peso per prepararsi a volare.
    NOTA. a quest’età si distingue già perfettamente il sesso dei soggetti pigmentati (ancestrali, faccia bianca, cannella, pezzati a dominanza scura): guardando la faccia inferiore dell’ala, nel maschio le penne remiganti secondarie mancano o hanno pochissima punteggiatura gialla, che invece si estende a tutte le remiganti delle femmine.
  8. Una volta uscito da nido (dopo i 28 giorni circa) avrà bisogno di una gabbia spaziosa in cui fare esercizio di volo (a meno che lo lasciate spesso libero, ma fatelo solo sotto la vostra diretta sorveglianza, perchè non si metta nei guai). Nella gabbia è sempre meglio mettere a disposizione cibo e acqua anche se per almeno 20 giorni dipenderà ancora dai vostri imbecchi. L’acqua viene bevuta autonomamente molto presto, il primo cibo che mangiano da soli è la mollica di pane fresco (potete anche provare il riso bollito ed il cous-cous), perché facile da piluccare anche se il becco non è ancora ben corneificato. Dai 28 giorni in poi è possibile dargli solo due pasti al giorno (mattina e sera).
  9. Quando sarete certi che mangia da solo anche i semi (come ho già detto è la scagliola il seme che imparano a sbucciare per primo, in genere dopo i 40 gg di vita) potrete ridurre il pasto ad uno solo, dato la sera. Questo pasto sarà protratto fino a che il pappagallino mangerà autonomamente tutto.
    NOTA: se il piccolo è stato cresciuto con coetanei imparerà a mangiare più in fretta, imitando il comportamento degli altri soggetti. Anche voi potete dargli l’esempio picchiettando con le dita il cibo così da attirare la sua attenzione, ovvero offrendogli dei semi sul palmo della mano.
  10. A due mesi di vita sarà il caso di interrompere l’imbecco del tutto, se dipendesse da loro si farebbero imbeccare anche più a lungo. Questo accade solo con l’imbecco artificiale perché di solito i piccoli imbeccati dai genitori sono svezzati intorno al 45° giorno di vita.
Giovane maschio di Calopsitta a fine svezzamento

Educare le piccole calopsitte

Anche nel caso abbiate deciso di concedere alle vostre calopsitte una totale libertà, procuratevi una gabbia adeguata che farà da riferimento per il cibo, il riposo notturno ed eventuali momenti in cui avete bisogno di limitare i loro movimenti (ad esempio se dovete aprire le finestre di casa per cambiare l'aria, o dovete fare lavori di carpenteria con attrezzi potenzialmente pericolosi). Infatti i piccoli cresciuti all’imbecco non sono semplicemente socievoli, bensì invadenti! Il loro istinto li spinge a seguirci e studiare ogni nostro movimento imitandolo. Allo stesso tempo risulteranno totalmente indisciplinati, come un cucciolo, ed andranno educati subito per poter instaurare con loro una felice convivenza.

Una delle prime cose che vi consiglio è di individuare subito i luoghi dove non volete che vadano: se infatti avrete la prontezza di allontanarli sistematicamente dai posti "tabù" fin dai primi voli, spostandoli con delicatezza dove voi preferite che sostino, impareranno in un paio di settimane quali sono le zone consentite. Questo vi consentirà ad esempio di salvare qualche mobile, o un divano, o eviterà anche di far correre loro dei rischi (fornelli e vasche da bagno). Questa educazione alle zone concesse come posatoi in ogni stanza risulterà molto utile se avete deciso di allevarle in completa libertà e limiterà ad aree ben delimitate l'immancabile accumulo di cacchine prodotte lungo la giornata. Chiaramente se concedete loro solo una mezz'ora di libertà al giorno applicherete una minor disciplina. Tenete comunque conto che i posatoi preferiti dalle calopsitte sono i bastoni delle tende sopra le finestre, cui rinunciano davvero difficilmente: ad un certo punto dovrete decidere... o loro o le tende!

Un secondo punto da decidere subito, perché amano stare con e sulle persone, è insegnar loro dove preferite che si posino su di voi. Di primo istinto infatti loro si poseranno sulla vostra testa, il che è sicuramente scomodo e poco igienico. Quindi ancora una volta dovrete sistematicamente spostarli su una spalla o tenerli appollaiati sul dito (posizione meno comoda per voi e non sempre accettata da tutti gli esemplari perchè preferiscono stare più in alto possibile). Se avete due esemplari difficilmente condivideranno lo spazio su di voi, per cui dovrete giocoforza distribuirli separatamente sulle due spalle o uno sulla spalla e l'altro sul braccio/dito così che non litighino.

Terza abitudine utile è insegnar loro a venire subito da voi ad un opportuno richiamo: il mio Rin, ovunque si trovasse, veniva a posarsi sul mio dito al richiamo "vieni qui". Col tempo anche lui cominciò a ripetere col fischio un suono simile a "vieni qui" per chiamarmi, segno che aveva ben capito il concetto.

Lo stesso esemplare della foto precedente dopo la prima muta

Socializzare

Una calopsitta imbeccata a mano e poi lasciata in gabbia perderà rapidamente la confidenza con voi e risulterà simile ad un soggetto cresciuto dai genitori; viceversa molti appassionati hanno ottenuto soggetti domestici da giovanissimi esemplari svezzati dai genitori, dedicando loro un tempo adeguato nei primi mesi di vita. Quindi per avere una calopsitta davvero domestica dovete dedicarle quotidianamente del tempo, fossero anche solo 10 minuti la mattina ed una mezz'ora la sera.
Tenetele sulle vostre spalle e permettete loro di partecipare ad un pezzetto della vostra attività quotidiana (cosa assai facile per gli studenti che passano ore sui libri... purchè non si facciano distrarre troppo dagli amici pennuti!). La cosa più gradita alle piccole calopsitte è di essere grattucchiate delicatamente col dito intorno alla gola e sulla nuca, come farebbero i loro genitori (sentirete i loro “cirrrp” di soddisfazione). E’ fondamentale che per i primi 3 mesi di vita continuiate a socializzare con loro su base quotidiana facendoli interagire con i vostri familiari e facendo loro conoscere bene la casa ed i suoi ritmi e rumori. Questo vincerà progressivamente l'istinto reattivo e pauroso proprio dei giovani esemplari che, ignari del mondo, portano in sè una reazione immediata di fuga ad ogni accenno di pericolo, vero o presunto.

Una volta che il vostro o i vostri esemplari saranno totalmente domestici potrete insegnar loro giochini con oggetti, o a fischiettare brevi motivi... o a tentare di ripetere qualche parola (cosa per loro difficilissima e mai perfetta). Ma il divertimento più grande di solito è osservarle quando cercheranno di mettere il becco in quello che fate: riempiendo di buchi il foglio di carta su cui state disegnando (meno divertente se vi bucano il colletto della camicia), o tuffandosi nel pentolino che state lavando, o rubandovi qualcosa dal piatto in cui state mangiando... o staccando sistematicamente dall'albero di natale le palline colorate che vi avete appena messo! Insomma preparatevi ad avere molta pazienza e a farvi molte risate.
Come regola generale gli esemplari maschi saranno più attivi e propensi ad imparare piccoli trucchi, o a ripetere motivetti fischiati, mentre le femmine si mostreranno più tranquille, silenziose e coccolone. Tuttavia ogni calopsitta è un soggetto a sè stante e manifesterà un carattere più o meno socievole, eccitabile, affettuoso, indipendente, curioso, invadente.

Se avete allevato all’imbecco un solo piccolo e volete dargli compagnia non aspettate a lungo: più tempo passa più perderà la capacità di ricordare i suoi conspecifici. Allo sviluppo sessuale (6-8 mesi) solitamente farà coppia con l'umano che gli dedica più tempo (ve lo mostrerà accettando i grattini solo da lui) e a quel punto sarà quasi impossibile che gli importi qualcosa di un'altra calopsitta. Resta il fatto che, anche accettando dei conspecifici, raramente tra due soggetti imbeccati a mano ed addomesticati si formerà una coppia riproduttiva... non avranno occhio che per voi.

Separazione

Siccome è impossibile prevedere cosa sarà dei prossimi vent'anni della nostra vita, talvolta ci troviamo costretti a trovare una nuova casa ai nostri amici pennuti. Fortunatamente, così come è possibile formare una nuova coppia di calopsitte separando individui "selvatici" che ne avevano già formata una, allo stesso modo è possibile trovare un nuovo tutore/tutrice alla nostra calopsitta allevata all'imbecco senza provocare in lei traumi insanabili.

Il trucco per rendere il cambiamento quasi indolore è trovare per la nostra calopsitta una situazione quanto più simile a quella in cui l'abbiamo allevata. Se siete dei single non sarà il caso di affidarla ad una famiglia brulicante di bambini (e viceversa). Se la vostra calopsitta è stata sempre accudita da una ragazza che porta lunghe unghie rosse ed una decina di braccialetti che le tintinnano sui polsi cercatele una nuova padroncina che curi il look delle sue mani nello stesso modo; viceversa se il suo amico umano è un ragazzo bruno che porta capelli corti la calopsitta gradirà anche qui un cambio alla pari. Per inciso le calopsitte non riconoscono i nostri lineamenti del viso, bensì altri particolari: colore e taglio dei capelli, moda abituale nell'abbigliamento e tono di voce in primis. Insomma, quanto più il nuovo proprietario e la sua organizzazione familiare ricorderanno al vostro pappagallino quella originale, tanto più in fretta la calopsitta si adatterà alla nuova situazione... le occorrerà solo il tempo di abituarsi alla nuova casa.
Ora non rimaneteci male credendovi in qualche modo "traditi" dal loro affetto: come dicevo qualche paragrafo prima le calopsitte non amano nel senso affettivo che intendiamo noi, sono legate a voi dal loro fortissimo istinto di coppia/gruppo che abbiamo artificialmente deviato verso la specie umana... ma sanno adattarsi alle nuove situazioni.

Quanto è domestica una calopsitta?

Chiudo questo articolo dandovi un'indicazione su come riconoscere a colpo d'occhio quanto sia domestica una calopsitta mai vista prima. Avvicinandovi alla sua gabbia da lontano guardate come si comporta:
- Si mantiene dalla parte opposta della gabbia ed al vostro arrivo arruffa le penne e si stira distendendo una dopo l'altra le ali lungo le zampe = soggetto "selvatico" innervosito dal vostro arrivo (stirarsi le ali significa prepararsi al decollo). E' tipico delle calopsitte cresciute in voliera e non ancora abituate alla vita in gabbia.
- Come sopra, ma non si stira = soggetto "selvatico" abituato al contatto con l'uomo, ma ancora diffidente.
- Staziona in qualsiasi parte della gabbia e non si sposta al vostro arrivo, alle volte vi si avvicina ma senza premere contro le sbarre frontali = calopsitta "selvatica" perfettamente abituata alla vita in gabbia e all'uomo (questo grado di dimestichezza si può raggiungere con qualsiasi calopsitta, abituandola a prendere cibo dalle vostre mani).
- Al vostro arrivo vi si avvicina, mettendosi contro le sbarre frontali della gabbia = sicuramente soggetto imbeccato a mano. Se avvicinando la vostra mano premesse contro le sbarre come volesse salirci sopra è sicuramente un soggetto domestico, se invece facesse un passo indietro o soffiasse/beccasse è probabilmente uno di quei soggetti che, dopo l'imbecco, è stato abbandonato a sè stesso.

Indirizzo della playlist di amici insoliti sulle Calopsitte. Oltre ad i link già indicati in questo articolo, comprende decine di altri filmati sui miei soggetti.


P.S. non sto più allevando questi pappagalli, quindi non chiedetemi eventuali esemplari da cedere. Grazie.